Letture 2012 | |
Sequenze di vento |
|
Sequenze inchiostrate di vento
Sequenze e vento. Dunque una serie di inquadrature che si susseguono (un’ombra che scioglie e dilaga) (vene di neve in un mare di veli), una successione di fenomeni in movimento (un giro di collo) (un vortice molle ma netto) che muta per gli spostamenti minimi dell’aria. Parole di vento, folate, bave, creste d’aria, alito vitale delle cose,contributo d’altitudine al respiro. Il vento è metafora e figura reale di qualcosa, è come un soffio di scrittura che raccoglie e sparpaglia (una scena che cambia in attesa di vita). E qui c’è un vento-forbice a ritagliare e sagomare. Un vento chimico che si sostanzia in vapori, nebbie e brine. Un vento che sibila e stride, che sgretola e contorce. Un vento dei pensieri che contempla, decifra, scopre e dice. Le connotazioni atmosferiche (un cielo di condensa) (un sonno umidissimo) si specchiano in oggettivazioni linguistiche (pensiero che osservo con cura) (scritture che sembrano croste) e viceversa, con un’alternanza di riferimenti visivi plausibilmente “veri” (l’inverno provvisto di un semplice cielo) (il fondo soffice che resta a rinsecchire) e di riferimenti puramente verbali scelti per la loro assonanza sonora -sudorazione fonica dice l’autore- (un sogno di sogni) (qualcosa che vedi da un vetro in un velo) (un suono da nulla / un attrito di sabbia a provare la pelle) che via via producono o scartano differenti fotogrammi semantici.Il lavoro di Bonacini, come è stato già detto da alcuni attenti critici, non si sofferma sull’intimità pur procedendo sempre da un personale “dentro” (ogni nostra clausura) (il colore che sale dai pensieri più corti) verso un “fuori” aperto sulla natura e le sue illusioni (la grandine forte tra i lampi) (i fatti al fondo di un miraggio) (l’ingannevole distesa trasparente) (il paesaggio che l’aria si prende) in un’oscillazione continua che fa di ogni percezione una percezione alterata dai suoi stessi segnali, siano essi emotivi o concettuali. E’ nello svolgersi e riavvolgersi delle sequenze, nel riprenderne o stopparne l’apparizione, nell’attrito, nella frattura, nella costruzione “interiore” cristallizzata e subito rifranta, la cifra significativa della sua scrittura. A questi speciali momenti di tensione, tra il gesto concreto dello scrivere e i significati che esso genera, appartengono azioni come tenere il filo, sognare una pietra che appare e svanisce e affida il suo peso a un errore del tempo, percorrere un nastro di strada dove trovare una buca inchiostrata di luce. La poesia come procedimento univoco non esiste. Soltanto se qualcosa ci costringe a decifrare / anche l’intreccio in cui si perdono I felici i movimenti della terra, soltanto se ci si prende il tempo necessario per un controllo inatteso, per fare attenzione agli insensati avvertimenti delle immagini, soltanto se in prima persona partecipiamo a questa selva / di voci così sradicate da prendere l’erba / per dare poesia, possiamo scoprire un aspetto fra i tanti d’intelligenza e candore.
Mara Cini
Giorgio Bonacini è nato a Correggio (RE) nel 1955, dove vive e lavora. Ha conseguito la laurea al DAMS di Bologna, con una tesi su Roland Barthes. Negli anni 70/80 ha fatto parte, con performance poetiche e azioni fluxus, del gruppo Simposio Differante. E’ stato collaboratore di redazione della rivista di estetica Parol. E’ redattore della rivista Anterem e suoi testi sono apparsi su varie riviste, tra cui: Poesia, Capoverso, Il Segnale, L’immaginazione, La clessidra, Le Voci della Luna, Tracce-Cahiers d’art. E’ presente sui blog: La dimora del tempo sospeso, Blanc de ta nuque, Trasversale. E’ presente con testi poetici su alcune antologie, tra cui: Anterem, a cura di Flavio Ermini, Verona, Anterem, 1998. Verso l’inizio, a cura di Andrea Cortellessa, Flavio Ermini, Gio Ferri, Verona, Anterem, 2000. Trent’anni di novecento - Libri italiani di poesia e dintorni (1971-2000) - a cura di Alberto Bertoni, Bologna, Book Editore, 2005; e con i saggi: Poesia e Senso su Le tentazioni di Marsia, a cura di Mario Fresa e Tiziano Salari, Salerno, Nuova Frontiera Editrice, 2007. Oscurità di un corpo deserto su la poesia e la carne, a cura di Mario Fresa e Tiziano Salari, Milano, La Vita Felice, 2009. Libri di poesia pubblicati: Non distruggete l’immondizia - Correggio, Gabiot, 1976; Teneri acerbi -Verona, Anterem, 1988; L’edificio deserto - Bologna, Edizioni di Parol, 1990; Sotto la luna (con Giovanni Infelìse) - Bologna, Book Editore, 1991. Il limite - Bologna, Book Editore, 1993; Falle farfalle (con i disegni di Alberta Pellacani) - Verona, Anterem, 1998. Quattro metafore ingenue - Lecce, Manni, 2005.
in copertina foto di Anna Mosca (Milano), artista, poetessa e fotografa. Vive per esigenze lavorative in diverse capitali estere fino al suo rientro in Italia. Opera inizialmente nelle arti visive come pittrice e scultrice e studia Belle Arti negli Stati Uniti d’America, con una svolta definitiva all’Arte Concettuale intorno all’anno 2000. Successivamente si laurea all’Accademia di Belle Arti di Brera con una tesi sull’Arte Concettuale dal titolo “La parola si fa arte”. Negli anni ha ideato mostre e performances personali di natura concettuale, mettendo in rilievo -principalmente - lo sviluppo del concetto attraverso la parola. In particolare è ricorrente, nel suo percorso, l’utilizzo della poesia. In fotografia continua la sua ricerca concettuale mediante la fusione di luci, spazi e linee, che rimanda molto alla sintesi della poesia. Compone in inglese e in italiano.
|